sabato 6 settembre 2008

Sfoltire e accumolare.

Tempo da ripulire,
collane da indossare,
il mio stomaco mugola,
in bocca solo l’amaro,
deragliamenti di stati d’animo,
caffè bollente,
prime foglie secche,
di chi e la colpa, se esiste?
Sostare, e rimandare a dove a cosa?
L’altra me non sta in silenzio,
quello che sento sono insulti,
lascio stare non mi danno fastidio,
mentre mi gusto il calore sul perimetro del mio corpo
voglio sentire il limite,
ma come sono capace anche di questo?
Diventano più chiari e forti, non mi piacciono, non mi mettono a disagio,
ma rabbia,
rabbia.
Quando ora le spine sono quel che sento ,
le parole di stamani di quella voce cruda e avvolgente mi mancano.
Pretese e fiducia,
speranza dell'incostanza,
nella trasparenza, le chiavi di casa,
fanno rumore.

capovolgimenti da clessidra

lottare, lottare,ancora lottare per arrivere dove?
bisogno d'aiuto o mancanza di coraggio?
non devono prendere il sopravvento, non ora,
ma non vedo la luce, forse perche fuori e notte?
il mio sguardo cade sulla luna ferma,
calda, irraggiungibile,
nel sonno mani incise dal legno di alberi,
morire o continuare a soffrire?
Esiste un limite, o solo l'estremo?
parole con il contagocce, silenzi infiniti,
malattie da quotidiano.
lontananza dal coltello piu corto e vioelento,
alle vostre spalle,
persone, persone, persone,
probabilmente l'ora del digestivo è vicina,
ma non mi sento una di tanti,
ma faccio numero,per voi non il mio.
Tentativi di evasione, stanchezza, vivere nel giorno e nella notte senza interruzioni,
salvando tutto.
Scontri, cudere, rialzarsi, incidere il calore,
mentre il colore è impresso,
torno all'ora legale piu forte.

venerdì 5 settembre 2008

Spigoli di carta.

Dove la fonte?
Lontana, irriconoscibile, ma visibile,
indispensabile il fuoco,
d’un tratto essere rapita da colori accesi e decadenti
nell’aria
libera in terra sconosciuta,
la fine solo cenere ,
ad altezze immaginate, incalcolabili,
per macchine a corrente.
Occhi nudi privi di effetti speciali.
come scie,
improvvise e inaspettate,
assaporare vertigini,
di verità,
accolta umilmente.

mercoledì 3 settembre 2008

Ritmi stonati con h certa.

Avere gli occhi e non poter vedere,
come non essere battezzata ma avere il dono della vita
mi trovo cosi al chiuso, in gabbia,
senza ossigeno, con le finestre aperte precipitare in pensieri assurdi ma presenti,
cosi tanto da renderli quasi concreti
se capita di essere intercettata l’unico bisogno è quello di sparire dissolvermi nell’aria, paura di incrociare sguardi altrui,
sfuggire con distacco e dolcezza ,forse,
se mi guardo allo specchio.
Cosa penseranno gli altri, sarò assolta?
Bisogno di aprire questo scrigno capace di splendore, ma il soffitto perfetto, di legno mi soffoca.
Insicurezza adulta, violenza psicologica di anni duri da ricucire,
cosi mi maschero,
in viaggio solo un corpo seduto che si dona il proprio calore,
Non sentire nonostante i pochi centimetri, sintonia e parole,
con il mio handicap finisco con il fingere in malo modo,
silenziosa, per non farmi sentire.
Cosa posso dare, cosa sono in grado di dare?
Questa volta dove quello che mi resta sono le pene,radicate nel mio fertile giardino,
cadono i piccoli tasselli di lodi personali,
ogni volta sempre di più,
ripartire da zero,
sentire un corpo piccolo, con il cuore grande e pulsante, che ti riprende,al presente,
Può esistere una fine?
Inevitabile tristezza, altalenante nella testa.