venerdì 10 ottobre 2008

Possibili pianti nell'accostamento di piastrelle, e odore di chiuso.

Il tappeto non puo essere la mia sedia, ne il tuo seggiolino, mi dispiace,
ma scappo, appena posso, dal rigore della non polvere.
Ci rincontreremo, ne sono sicura, e allora forse ti parlerò.
Nell'abbandono di strade che per anni mi hanno accolta, il percorso da fare mi sembra infinito.
Cosi finisco a guardarvi, dai circoli di seconda,
dove non voglio essere di peso a nessuno,
ma con il mio zoppichio sociale mi chiedo quale e dove sia la verità.
Dall'abbondanza al minimo accenno quasi invisibile,
rabbia e confusione, dopo bicchieri non troppo alcolici,
ecco che allora, capisco che quello che cercavo non esiste.
Eppure ero convinta che non fosse cosi, nel vicolo coperto.
Sogni di piaggie con vaccino e viaggi collinari,
Resisto bene fra muri nuovi, e medaglie dalla forma rettangolare,
mi domando,
cosa mancava o cosa era di troppo?
Isolarsi a distanze connesse, mi avvicino, possiamo andare avanti,
che non vedo i cicchini puntatori.
La verità sta nello spostare posaceneri traboccanti al buoi?
Mi ricordo la leggerezza di una mattina tiepida che avrei voluto non mi abbandonasse.
Il pensiero costante di piangere, mi riporta a sognare.

mercoledì 1 ottobre 2008

Sotto le ali dei cigni splende il viola

Continuo a coprire superficie di un rosso con infinite sfumature, dove mi proteggo.
Ricordo, avvertivo tutto cosi diverso,
quello che per anni non a subito alterazioni almeno ad i miei occhi,
e questo mi piaceva, non pensavo che ci sarebbe stato un ritorno ma mi gustavo la distanza che diminuiva verso stazioni di frontiera abbandonate ma non invisibili,
mentre la temperatura scendeva.
Nella notte più buia senza distinguere altro che stelle ancora più splendenti del solito
o scoperto una dolcezza e tenerezza insolita, nuova all’interno numero 2,
da non riuscire a capire.
Di nuovo sulle strade in una giornata ventosa e fredda a farci “scopare” l’involucro e l’ecuipaggio, con l’aria altezzosa e sicura della certezza.
Senza dare conto al vetro al legno alla stoffa ma soprattutto alle parole, mi siedo ,mi abbraccio con le spalle al cesso e non sento il vomito,
ma spoglia, privata e impossibilitata nel bloccarvi lascio che finiate.
Trovatemi ora in quest’atmosfera ,che a le vostre origini, viva, colorata, da fiumi di birra che scorrono e ti rapiscono in un giro tondo di boccali, risate, leggerezza, canti, costumi , dove mangio fino a sentirmi normale.
Improvvise parole urlate e cambi di programma,
stremati dormiamo dove ancora non sappiamo.
Cosi ci troviamo in strade affolate di cibo e odori che riportano sempre sul filo del rasoio.
Fumare erba comodamente seduti a tavolini spettatori di fondi di bottiglia,
il problema sarà alzarsi e allontanarsi discretamente.
Droga sesso eccitazione e perversione all’ombra di fili neri.
Non sembra mai abbastanza.
Mentre la leggerezza e pesantezza si fondono senza un soffitto vengo travolta
dalla mente
e da te.
File di vetrine e il tempo che scivola, vicoli sguardi e pensieri che ci alimentano.
Dopo la elle all’incontrario sul piccolo spazio tre spine diverse si sono toccate ma non intaccate, alla luce di uno specchio dove rifletteva tutta la sua perfezione di numeri ricevuti e venduti,
l’eco della falsita della voce copriva la musica che avrebbe dovuto creare atmosfera.
Mentre prende il mio posto, dal mio angolo sono gia distante.
Disorientamento, schifo, distanza che si scioglie sotto l’acqua calda.
Cosi ce ne andiamo come programmato, con il risultato in sospeso.
Tornando sulla strada i tuoi occhi iniziano a lamentarsi , tra paura e pizza,
davanti al calore ecco il piacere custodito delle mele e del fai da te valorizzato.
I tappeti bianchi non resistono, come gli asciugamani.
Nei vicoli della domenica dove non mi sentivo idonea per il grado di perfezione il mio valore e ricaduto in una tazza con tanto di panna.
Aspettarselo, mentre il capello chiede liberta, esigenza di cambiare pervade i pensieri che si uniscono a collezioni di parole improbabili.
Senza permesso, siamo tornati ,per far affogare la luna.

sabato 6 settembre 2008

Sfoltire e accumolare.

Tempo da ripulire,
collane da indossare,
il mio stomaco mugola,
in bocca solo l’amaro,
deragliamenti di stati d’animo,
caffè bollente,
prime foglie secche,
di chi e la colpa, se esiste?
Sostare, e rimandare a dove a cosa?
L’altra me non sta in silenzio,
quello che sento sono insulti,
lascio stare non mi danno fastidio,
mentre mi gusto il calore sul perimetro del mio corpo
voglio sentire il limite,
ma come sono capace anche di questo?
Diventano più chiari e forti, non mi piacciono, non mi mettono a disagio,
ma rabbia,
rabbia.
Quando ora le spine sono quel che sento ,
le parole di stamani di quella voce cruda e avvolgente mi mancano.
Pretese e fiducia,
speranza dell'incostanza,
nella trasparenza, le chiavi di casa,
fanno rumore.

capovolgimenti da clessidra

lottare, lottare,ancora lottare per arrivere dove?
bisogno d'aiuto o mancanza di coraggio?
non devono prendere il sopravvento, non ora,
ma non vedo la luce, forse perche fuori e notte?
il mio sguardo cade sulla luna ferma,
calda, irraggiungibile,
nel sonno mani incise dal legno di alberi,
morire o continuare a soffrire?
Esiste un limite, o solo l'estremo?
parole con il contagocce, silenzi infiniti,
malattie da quotidiano.
lontananza dal coltello piu corto e vioelento,
alle vostre spalle,
persone, persone, persone,
probabilmente l'ora del digestivo è vicina,
ma non mi sento una di tanti,
ma faccio numero,per voi non il mio.
Tentativi di evasione, stanchezza, vivere nel giorno e nella notte senza interruzioni,
salvando tutto.
Scontri, cudere, rialzarsi, incidere il calore,
mentre il colore è impresso,
torno all'ora legale piu forte.

venerdì 5 settembre 2008

Spigoli di carta.

Dove la fonte?
Lontana, irriconoscibile, ma visibile,
indispensabile il fuoco,
d’un tratto essere rapita da colori accesi e decadenti
nell’aria
libera in terra sconosciuta,
la fine solo cenere ,
ad altezze immaginate, incalcolabili,
per macchine a corrente.
Occhi nudi privi di effetti speciali.
come scie,
improvvise e inaspettate,
assaporare vertigini,
di verità,
accolta umilmente.

mercoledì 3 settembre 2008

Ritmi stonati con h certa.

Avere gli occhi e non poter vedere,
come non essere battezzata ma avere il dono della vita
mi trovo cosi al chiuso, in gabbia,
senza ossigeno, con le finestre aperte precipitare in pensieri assurdi ma presenti,
cosi tanto da renderli quasi concreti
se capita di essere intercettata l’unico bisogno è quello di sparire dissolvermi nell’aria, paura di incrociare sguardi altrui,
sfuggire con distacco e dolcezza ,forse,
se mi guardo allo specchio.
Cosa penseranno gli altri, sarò assolta?
Bisogno di aprire questo scrigno capace di splendore, ma il soffitto perfetto, di legno mi soffoca.
Insicurezza adulta, violenza psicologica di anni duri da ricucire,
cosi mi maschero,
in viaggio solo un corpo seduto che si dona il proprio calore,
Non sentire nonostante i pochi centimetri, sintonia e parole,
con il mio handicap finisco con il fingere in malo modo,
silenziosa, per non farmi sentire.
Cosa posso dare, cosa sono in grado di dare?
Questa volta dove quello che mi resta sono le pene,radicate nel mio fertile giardino,
cadono i piccoli tasselli di lodi personali,
ogni volta sempre di più,
ripartire da zero,
sentire un corpo piccolo, con il cuore grande e pulsante, che ti riprende,al presente,
Può esistere una fine?
Inevitabile tristezza, altalenante nella testa.

venerdì 29 agosto 2008

Sguazzare nel rispetto, di non averlo.

Mi anno sempre detto di portare
rispetto,
nei confronti delle altre persone,
rispetto che arriva con il ragionamento,
ingoiare parole dette,
oggi troppe,
oggi che non sono quella di ieri,
dove solo la tua voce mi crea ira.
Dov'e finito il rispetto per me stessa?
Per quello che faccio?
Solo critiche e dispezzo,
date dalla gelosia
di quelli che credino siano i
riflettori.
Silenzio,
forse sto solo aspettando il momento giusto,
piu opportuno,
inutile fare la vittima,
anche se la parte riesce bene,
ma non troppo convincente.
Cattiveria giovane,
ma questo la chiesa non lo insegna vero?
Le mie parole, inaspettate,
colpiscono il bersaglio,
scaraventate in faccia,
le comparse, armi a doppio taglio invisibili,
ma udibili,
ma tu ai fatto di peggio,
la data anagrafica, cancellata,
continua a lamentarti
rendendoti conto di cio che sei,
agli occhi di persone
con occhi,
aspettando carezze di plastica.
Probabilmente non sarei dovuta stare al tuo gioco,
costruito dai no altrui,
e dal tuo bisogno di risplendere in vetrina
un'attimo di suono il mio,
la voce scivolosa
la tua.